A conclusione della “sfreddata” dei giorni scorsi, è in atto un primo e sommario bilancio dei danni cagionati alle coltivazioni, il quale tuttavia potrò essere più chiaro tra alcuni giorni.
Sotto il profilo strettamente meteorologico le gelate occorse in regione non sono state eccezionalmente intense (specie in rapporto ad altri eventi di aprile del passato), e le temperature dell’aria (sottolineo dell’aria e non del termometro) hanno mostrato valori minimi che non hanno superato ed in diversi casi nemmeno avvicinato i record storici del correrne mese, anche se la fase fredda è sconfinata nella terza decade del mese, e qui ci siamo andati molto vicini.
Tuttavia le gelate hanno mostrato una caratteristica poco gradevole, ovvero sono state caratterizzate da valori di umidità relativa molto bassi, anche nelle ore notturne e verso l’alba dovute alle caratteristiche della massa d’aria affluita. Ciò comporta un maggiore raffreddamento degli strati prossimi al suolo, poiché il vapore acqueo ha la proprietà di “schermare” l’effetto dell’irraggiamento radiativo verso lo spazio e quindi di contenere parzialmente la diminuzione della temperatura, per cui meno ce n’è e peggio è (infatti il vapore acqueo si comporta da gas serra, pur essendo naturale).
Le gelate secche, che gli inglesi chiamano “black frost”, sono le peggiori, dal momento che per i motivi di cui sopra può determinarsi un notevole gradiente termico verticale negli strati bassi e nelle zone interessate dalle inversioni termiche, con differenze di diversi gradi tra il livello al quale vengono rilevate per scopo meteorologico le temperature dell’aria (sui 180-200 cm) ed i livelli inferiori; inoltre la secchezza dell’aria comporta una maggiore perdita di calore delle superfici vegetative (che dipendono dai tipi di coltura e dalla estensione della superficie radiante), le quali possono raggiungere temperature sensibilmente inferiori a quelle dell’aria. In caso di brina poi, il passaggio di stato vapore-ghiaccio rilascia una certa quantità di calore (680 cal/grammo) che viene ceduto all’ambiente rallentando pertanto il calo termico.
Ecco perchè ad altezze inferiori a quelle standard usate in meteorologia, potrebbero essersi raggiunti valori inferiori anche di 3°C e passa rispetto a quelli rilevati dalle capannine o sistemi di acquisizione, ed ecco perchè la gelata senza brina non è affatto un buon segno (in senso generale chiaramente). Influenti anche la tipologia di terreno ed altri fattori.
Determinanti, in senso negativo, anche gli elevati picchi di temperatura occorsi nella settimana precedente (massime fino a 26-27°C degne si inizio giugno).
In pratica i danni effettivi non dipenderanno unicamente dalle temperature dell’aria raggiunte ad altezze standard e si valuteranno con maggiore affidabilità più avanti.
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Freschino? …ma certo!
L’aria fredda che affluisce da ieri dalle repubbliche baltiche e che continuerà ancora domani e dopodomani si fa sentire.
Ma dobbiamo considerare questa parentesi fredda fortemente anomala? No.
O meglio, potrebbe esserla se consideriamo l’attuale decennio inaugurato n el 2011 durante il quale il mese di aprile era trascorso generalmente senza particolari “scossoni”, ma in precedenza non era affatto così, e nella seconda decade di aprile irruzioni fredde di una certa consistenza erano piuttosto frequenti.
Non a caso in molte località della regione i dati medi climatologici del trentennio 1961-1990, ma in parte anche del trentennio 1971-2000, mostrano una seconda decade di aprile durante la quale le temperature medie smettono di aumentare (come sarebbe da attendersi nella naturale evoluzione della primavera) o addirittura mostrano un leggero calo rispetto alla prima decade.
Ciò perché evidentemente le medie climatologiche conservano l’impronta di frequenti irruzioni fredde che in questo periodo della stagione si verificavano e che rappresentavano un temporaneo ritorno a condizioni para o simil invernali, anche se ovviamente di breve durata.
E allora tornano alla mente, considerando solo quelle occorse nella seconda decade del mese per adeguarle al periodo attuale, le severe ondate di freddo del 20-22 aprile 1980; 19-20 aprile 1981; 14-15 aprile 1982; 14-15 aprile 1986 (molto intensa); 19-24 aprile 1991 (questa anche prolungata); 18-19 aprile 1992; 10-11 aprile 1994; 14-16 aprile 1995; 9-23 aprile 1997 (cattiva e promulgata salvo brevi pause); 14-16 aprile 1998; 14-22 aprile 2001; 11-12 aprile 2006; 12-13 aprile 2010.
E qui la serie si interrompe poiché effettivamente dal 2011 in poi non si ebbero “botte” fredde quantomeno di rilievo, dimenticando pertanto che in passato questo periodo non era affatto al riparo da importanti ritorni di freddo.
Quindi fase fredda anomala se fermiamo lo sguardo agli ultimi 6 anni; per nulla anomala ripensando al passato (anni 70-80-90 ma anche ben più indietro nel tempo); peraltro se l’evoluzione sarà quella prospettata dagli NWP, quella attuale non sarà nemmeno tra le più forti, anzi tutt’altro.
Un altro segno dei tempi che cambiano ed un monito sul fatto che la vera e seria anomalia erano i 26°C di temperatura massima della scorsa settimana.
Prove tecniche di primavera
Obiettivo: riuscire ad innescare qualche isolata cella temporalesca sulla bassa pianura.
Coefficiente di difficoltà: 6.0 (pari ad un tuffo dal trampolino con 4 avvitamenti, 4 salti mortali carpiati ritornati, più un axel ed un rittberger da pattinatore già che ci siamo).
Equipaggiamento preventivo: minimo sindacale di attività convettiva ad innesco orografico nel pomeriggio su Prealpi ed Appennino; Un pizzico di fresco con carica “dall’alto” (cut-offino teutonico che si approssima alle Alpi con mezzo etto scarso di vorticità positiva a traino).
Svolgimento dei lavori: la convezione orografica dovrà impegnarsi per produrre adeguati cold pool (la piscina fredda non c’è solo a Milano Marittima) e relativi outflow boundary (che non è la marca di un dentifricio) con diffusione “a ventaglio” (1 e 2 in figura).
Essi dovranno incamminarsi verso le rispettive valli e darsi appuntamento in un’area da concordare.
Se poi volessero anche raffreddare un po’ la medio-alta troposfera ben vengano; basta l’incudine e non serve il martello.
Nel frattempo il “coastal PBL” (3) tipicamente aprilino, stabilizzato dal basso dalle fresche acque superficiali adriatiche, dovrà a sua volta procedere (con tatto) verso l’entroterra soffiando un po’ di CAPE (non sante, quelle rimangono in mare) verso il luogo di appuntamento dei due OB (niente paura ragazze, l’assorbenza c’entra nulla).
Tutti quanti dovranno contribuire a concentrare una manciata di energia convettiva potenziale disponibile in spazi più angusti aiutando un pizzico a motivare i moti verticali, magari indotti un pelino anche dalla convergenza dei due OB.
Cantiere: pianura emiliana, meglio quella settentrionale al netto degli “umarèl”.
Target: tramonto o serata, non nottata, perché in quel caso il merito se lo attribuirebbero le truppe tedesche alla conquista del Piemonte che sarà completata domattina.
Un po’ di CAPE dovremmo avviarlo nel pomeriggio (vedi rs previsto, anche se da global model e riferito al most unstable, quindi si bara un pizzico); vediamo di distribuirlo e concentrarlo al meglio.
Ci sono anche i MULI (no, niente equini), ovvero Most Unstable Lifted Index, ma quelli ce li teniamo per le grandi occasioni.
Probabilità: se la montagna, specie Alpi e Prealpi, non si darà da fare sono le stesse che ha il Milan attuale (o meglio, il Giannino food & karaoke) di battere il Bayern 2-0 all’Allianz Arena. Talora poi i LAM eccedono uno zinzello nel simulare gli effetti degli outflow boundary orografici a mano a mano che ci si allontana dal core delle celle convettive.
Ma sono prove tecniche per l’appunto.
Passaggio di consegne
In queste ore mettiamo in atto il passaggio di consegne: Il cut-offino in quota (L), svezzato e poi abbandonato sulle nostre lande dalla più vasta circolazione ciclonica chiusa ad ovest della penisola iberica (a sinistra nel forecast del vento sul piano isobarico di 700 hPa), vaga un po’ smarrito e spaesato alla ricerca di compagnia in una domenica di primavera.
Ci penserà quella saccatura in approfondimento da nord-est attraverso i paesi danubiani (a destra nella stessa immagine) a prenderlo per mano ed accompagnarlo dapprima verso l’Italia centrale finendo poi domani la scampagnata sulle spiagge del basso Adriatico e dello Ionio.
Anzi, all’altezza dell’Abruzzo lo introdurrà nel proprio marsupio a mò di canguro, e la nuova compagnia gli farà bene rendendolo un poco più dinamico e vispo.
Meglio così, la solitudine a volte è una brutta bestia.
climatologia dell’attività temporalesca in Romagna
Nella prima parte della primavera si comincia di norma con l’attività convettiva (temporali), con una netta prevalenza sulla fascia collinare e pedecollinare e nelle ore pomeridiane e fino al tramonto.
La climatologia dell’attività temporalesca in Romagna (peraltro un poco scarna e comunque inerente un periodo recente e non molto esteso, in tal senso aiutano gli archivi dell’attività ceraunica), indica che però in questo periodo c’è una sensibile differenza tra l’l’attività convettiva, segnatamente quella ad evoluzione diurna e non legata ai fronti, della zona collinare e pedecollinare e quella delle basse pianure e costa; gap che tende leggermente ad assottigliarsi a mano a mano che ci si addentra nel periodo estivo.
La prima causa è del tutto intuitiva: è chiaro che l’orografia, per tutta una serie di motivi, aiuta e forza i moti convettivi a ciclo diurno.
C’è però una seconda causa che, specie ad inizio primavera ha una sua importanza: infatti le acque superficiali del mare Adriatico hanno ancora una temperatura relativamente bassa, eredità dell’inverno, e quando nelle ore pomeridiane si attivano le brezze marittime, talora anche vivaci dato il sensibile gradiente termico mare-entroterra (con quest’ultimo che si riscalda alla svelta), esse portano aria più fresca, umida, ma anche più stabile verso l’interno, sequestrando l’energia convettiva potenziale disponibile (CAPE) e “spazzandola” nel contempo verso ovest a ridosso dei rilievi e della pianura pedecollinare.
In quelle aree si organizza pertanto una sorta di CAPE convergence (affratelliamolo ad un moisture convergence) tra quello stagnante in loco entro il PBL collinare e pedecollinare e quello “spinto” ad occidente dalle brezze marittime. Nelle zone interessate dalla brezza i bassi strati si stabilizzano a partire dalla costa e gradualmente sempre più ad ovest.
Anche i Limited Area Model vedono ovviamente tutto ciò, e, solo per fare un esempio, si nota nel forecaast AROME 1.5 km che nel pomeriggio i venti marittimi, più freschi e stabili, provvederanno a “ramazzare” il MUCAPE (most unstable), evidenziato in colori dall’azzurro al giallo-arancio, verso ovest accumulandolo ed addossandolo già ove era presente nella zona collinare e pedecollinare.
In poche parole in primavera, specie nella prima parte, anche il mare contribuisce ad avere una maggiore attività temporalesca sui nostri rilievi appenninici e sulla fascia pianeggiante pedecollinare. A meno che non transitino fronti, ULL, dry-line e company, ma quello è un altro paio di maniche. Oppure le correnti occidentali o sud-occidentali in quota possono pilotare i sistemi convettivi appenninici verso la bassa pianura e costa, ma giungono indeboliti, perchè nei bassi strati la benzina non c’è e le correnti convettive non si rinnovano e nemmeno ricicciano.
Tra il dire ed il tuonare c’è di mezzo anche il mare, parafrasando.
Pierluigi Randi
meteoromagna.com
Giornata Mondiale della Meteorologia a ROMA
Anche la meteorologia festeggia (ebbene sì), ed il 23 marzo (giovedì) ricorre la giornata mondiale di questa disciplina.
La celebrazione ricorre ogni anno nell’anniversario della fondazione, avvenuta nel 1950, dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM).
Segnalo pertanto l’appuntamento a Roma presso l’Aula Magna del Rettorato della Sapienza Università di Roma. Il tema di quest’anno è: “Capire le nubi”.
A me piacciono particolarmente quelle un po’ “minacciose” dato che me ne occupo, diciamo così, per “deformazione professionale”, ed anche se talora un poco inquietanti anch’esse meritano un augurio.
Pur sempre espressione della natura sono.
Aria frizzantina…
Tempo asciutto e mite in questo periodo a parte di notte ed all’alba quando la perdita di calore per irraggiamento radiativo in condizioni di cielo sereno, poco vento ed aria alquanto secca, portano aria frizzantina con qualche lieve brinata nelle zone nelle pianure interne (ma più ieri che oggi).
Ben diversa la situazione esattamente di 55 anni fa, quando una severa (per il periodo stagionale) irruzione di aria artica andò ad innescare un profondo minimo depressionario in rapida fuga dal Tirreno settentrionale allo Ionio, con presenza di fortissimi venti di bora.
Il ramo occluso del sistema frontale generatosi in seno alla ciclogenesi fece arrivare la neve anche su alcune aree della pianura occidentale ravennate e su forlivese e cesenate, anche con accumulo al suolo. Più abbondante la neve sui rilievi causa stau orografico per correnti da NE.
Il raffreddamento che ne seguì, sia per cause avvettive che per effetto dell’irraggiamento radiativo fu notevole, in particolare nei comparti interessati da deposito di neve al suolo.
In alcune zone della prima collina romagnola si sfiorarono i 10°C sotto lo zero di temperatura minima, ma notevole fu il valore di -6.4°C a Cesenatico.
Insomma l’inverno ritornò e, anche se per qualche giorno, fece sul serio.
Pierluigi Randi
Meteoromagna.com
Altro Venerdì, altro giro.
Altro venerdì ed altro giro.
Vediamo domani cosa produrrà il veloce ingresso e transito di una nuova saccatura nord-atlantica con annessa la classica ciclogenesi orografica e relative ondulazioni frontali nonchè la sua bella “lama” di IPV.
C’è anche una simpatica “pennellata” o “sbandierata” di libeccio (o garbino come lo chiamiamo in Romagna) avanti il fronte, che però è particolarmente apprezzabile solo al di sopra dell’inversione termica (nel caso in figura piano isobarico di 850 hPa); insomma il nostro caro garbino riesce a “galleggiare” sopra il “coperchio” inversionale, almeno fino a quando quest’ultimo non viene rimosso.
Per il resto una piovutina ci sta tra il pomeriggio-sera e la notte di domani (forse qualcosina già dal mattino), ma il passaggio sembra rapido e già risolto dalla tarda mattinata da sabato.
Ai beachvollari, happyouristi, chiappettardi e spacciatori di cocco ed anguria da rena che già implorano l’arrivo del solleone e della canicola scorticandomi l’anima, chiedo di portare pazienza o al limite di imbarcarsi verso Sebha, e cortesemente rimanervi.
Prima dell’estate, peraltro, c’è da affrontare la primavera.
Trenini meteo di fine inverno?
La stagione invernale si avvia alla conclusione (la primavera meteorologica inizia il primo marzo) e come di consueto, con l’approssimarsi di quella nuova, le medie latitudini vedono aumentare il “traffico”.
Le masse d’aria sub-tropicali cominciano a migrare verso latitudini più settentrionali, ma nel contempo sono ancora ben attive quelle polari ed artiche.
Ed ecco che tra oceano Atlantico e continente europeo si danno appuntamento, a stretto giro, tre masse d’aria ben definite molto diverse tra loro: sub-tropicale (in questo caso marittima, mTW) convogliata dalla fascia delle alte pressioni appartenenti alla circolazione di Hadley; polare fredda (sempre marittima, mPK), che si alterna con quella subropicale attraverso le onde depressionarie delle medie latitudini o se vogliamo lungo il fronte polare (che poi sarebbe la circolazione di Ferrel di antica memoria); artica ancora più fredda (in questo caso marittima, mAK) convogliata dagli anticicloni che ancora risiedono nei pressi del circolo polare artico.
Tre masse d’aria che interagiscono originando due treni di onde depressionarie e rami frontali caldi, freddi ed occlusi in successione (uno tra mTW e mPK, un secondo tra mPK e mAK), i quali viaggiano su binari paralleli ed anche alquanto velocemente (la corrente a getto ad alta quota viene assai “stimolata” a dare gas in queste condizioni ove i gradienti termici picchiano duro).
Ed ecco che il quadretto dipinto dal Deutscher Wetterdienst e valido per domani, con i due trenini ben visibili, ha un nonsochè di fine stagione nonostante il notevole dinamismo.
Pierluigi Randi
meteoromagna.com