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Giornata Mondiale della Meteorologia a ROMA

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Anche la meteorologia festeggia (ebbene sì), ed il 23 marzo (giovedì) ricorre la giornata mondiale di questa disciplina.

La celebrazione ricorre ogni anno nell’anniversario della fondazione, avvenuta nel 1950, dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM).
Segnalo pertanto l’appuntamento a Roma presso l’Aula Magna del Rettorato della Sapienza Università di Roma. Il tema di quest’anno è: “Capire le nubi”.
A me piacciono particolarmente quelle un po’ “minacciose” dato che me ne occupo, diciamo così, per “deformazione professionale”, ed anche se talora un poco inquietanti anch’esse meritano un augurio.
Pur sempre espressione della natura sono.

Principio di Primavera 2017

    Cominciano a fiorire con maggiore continuità ed estensione i valori over 20°C in regione, complici la presenza di alta pressione, specie in quota associata a flussi nord-occidentali miti e secchi, ed un PBL padano che comincia a scaldarsi rapidamente (anche in virtù di suoli non proprio “intrisi” ecco) pure in questo caso in associazione ad aria alquanto secca.
La fascia costiera invece vive una storia del tutto diversa che è comunque tipica della primavera: le acque superficiali dell’Adriatico sono ancora fredde per l’eredità dell’inverno meteorologico da poco terminato (l’acqua è “pigra” si riscalda e si raffredda lentamente), e le brezze che si attivano dalla tarda mattinata a causa dell’elevato gradiente termico tra superficie del mare fredda ed entroterra caldo (con l’aria calda che tende a salire e deve essere quindi rimpiazzata) spingono masse d’aria più fresca, ma anche assai più umida (fascia verde-blu nella mappa del LAM Arome, plot Infoclimat), a contenere l’aumento delle temperature sui litorali con ventilazione orientale.
Insomma, in questo periodo se vogliamo beneficiare appieno del tepore primaverile, meglio non andare al mare, poiché troviamo, in condizioni stabili come quelle attuali e nelle ore pomeridiane, circa 5-6 gradi in meno ed un buon 40% di umidità in più (che non aiuta).

Per la cronaca in questo periodo dovremmo avere, nelle zone interne, temperature massime sui 14 massimo 15°C, per cui 5-6°C di troppo ci sono; ed i venti gradi di temperatura massima “costanti” dovremmo sperimentarli verso l’inizio della terza decade di aprile (nel trentennio 1961-1990 alla fine della terza decade di aprile o nella prima decade di maggio, peraltro).
Siamo in anticipo di un mesetto abbondante, così per dire.

Aria frizzantina…

Tempo asciutto e mite in questo periodo a parte di notte ed all’alba quando la perdita di calore per irraggiamento radiativo in condizioni di cielo sereno, poco vento ed aria alquanto secca, portano aria frizzantina con qualche lieve brinata nelle zone nelle pianure interne (ma più ieri che oggi).

Ben diversa la situazione esattamente di 55 anni fa, quando una severa (per il periodo stagionale) irruzione di aria artica andò ad innescare un profondo minimo depressionario in rapida fuga dal Tirreno settentrionale allo Ionio, con presenza di fortissimi venti di bora.

       


Il ramo occluso del sistema frontale generatosi in seno alla ciclogenesi fece arrivare la neve anche su alcune aree           della pianura occidentale ravennate e su forlivese e cesenate, anche con accumulo al suolo. Più abbondante la neve sui rilievi causa stau orografico per correnti da NE.
Il raffreddamento che ne seguì, sia per cause avvettive che per effetto dell’irraggiamento radiativo fu notevole, in particolare nei comparti interessati da deposito di neve al suolo.
In alcune zone della prima collina romagnola si sfiorarono i 10°C sotto lo zero di temperatura minima, ma notevole fu il valore di -6.4°C a Cesenatico.

Insomma l’inverno ritornò e, anche se per qualche giorno, fece sul serio.

Pierluigi Randi
Meteoromagna.com

Inverno 2016-2017 in Romagna: leggermente mite e poco piovoso

La stagione invernale 2016-2017, da poco conclusa sotto il profilo meteorologico, è risultata in Romagna (temperatura media stagionale), leggermente più mite rispetto alla norma climatologica di periodo 1971-2000, con una anomalia termica positiva di +0,5°C, ascrivibile alle seguenti anomalie mensili:
Dicembre 2016:
+0,3°C; gennaio 2017: -1,0°C; febbraio 2017: +2.3°C.

In tal senso l’inverno 2016-2017 si colloca come il diciottesimo più mite a partire dal 1950 a pari merito con quelli del 1958-1959 e del 2007-2008, ma certamente più freddo rispetto ai tre che lo hanno preceduto, che non a caso risultano, in compagnia del 2006-2007, come i più miti degli ultimi 70 anni.

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Anomalie di temperatura media invernale in Romagna dal 1950 rispetto al clima 1971-2000. Fonte dati: campione di 20 stazioni Arpa-SIMC/ASMER

Di notevole interesse il dato di anomalia termica di febbraio 2017, ovvero il più mite dei tre mesi invernali, che con un valore di anomalia di +2,3°C su base regionale, appare come il settimo più caldo dal 1950.
Dicembre 2016, sostanzialmente nella norma, ha però mostrato sensibili diversificazioni tra il comparto appenninico, laddove è risultato alquanto mite e con anomalie talora superiori a
1°C, ed il settore pianeggiante e costiero, laddove persistenti inversioni termiche con frequenti nebbie, grazie al prevalere di alte pressioni, hanno contribuito a limitare in parte gli scarti termici positivi dalla norma.

Solo il mese di gennaio 2017 ha evidenziato generali anomalie termiche negative con un valore medio regionale di -1,0°C che lo pone come il più freddo dal 2010 dopo una serie di mesi di gennaio estremamente miti (2014-2015-2016). Occorre peraltro precisare come, a differenza di altre regioni della penisola, sul nostro comparto il suddetto mese non possa affatto considerarsi come particolarmente freddo, con fase rigida di un certo rilievo limitata al periodo 6-17 con picco nel periodo 6-12 e con temperature minime assolute localmente appena inferiori a -10°C sulle zone di pianura interna del lughese e faentino. Si tratta i valori minimi assoluti tutt’altro che estremi, e che negli inverni di qualche decennio fa venivano regolarmente raggiunti e sovente superati.

Una seconda ma debole fase fredda, peraltro indotta essenzialmente da insistenti inversioni termiche sia tipo radiativo che da subsidenza (alte pressioni) e quindi limitata all’area pianeggiante e pedecollinare, si è avuta nel periodo 13-19 dicembre 2016 con diffusi fenomeni di galaverna tra i giorni 17 e 18.
Praticamente assenti le fasi fredde in febbraio 2017, con un decorso mensile del tutto caratterizzato da condizioni miti o molto miti, le quali hanno abbondantemente controbilanciato il relativo freddo del precedente gennaio.

Ad ogni buon conto, nonostante una leggera mitezza complessiva, la stagione invernale 2016-2017 non può essere accostata, sotto il profilo termico, alle mitissime invernate che hanno caratterizzato il periodo recente, quando si sono avuti tre dei quattro inverni più miti degli ultimi 100 anni.
Nell’unica vera fase fredda dell’inverno prima accennata le aree del continente europeo maggiormente interessate dall’irruzione di aria artica proveniente da NNE sono risultate soprattutto l’Europa orientale, con particolare riferimento al comparto balcanico, fino a colpire anche il settore centrale e meridionale adriatico dell’Italia, interessando però solo marginalmente la Romagna, come si evince dalla seguente mappa di distribuzione delle anomalie termiche del mese di gennaio (riferimento climatologico 1981-2010) nella quale le aree con le anomalie termiche negative più consistenti conservano traccia della forte irruzione occorsa tra la prima e la seconda decade del mese.

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Anomalia termica in °C su Europa gennaio 2017 rispetto al clima 1981-2010. Fonte: reanalisi NCEP karstenhaustein.com/reanalysis

L’aspetto che ha maggiormente contribuito ad un decorso stagionale leggermente mite e con anomalie termiche positive non paragonabili a quelle occorse nei tre inverni precedenti, è da ricercare in una anomalia barica positiva (pressione più alta rispetto alla norma) su gran parte del continente europeo ma con i massimi di anomalia a nord dell’arco alpino (tra Germania e Mare del Nord). In tal modo qualche afflusso di aria più fredda, ma essenzialmente nel mese di gennaio, è riuscito a rientrare da NE convogliato dai massimi di alta pressione attivi più a nord, colpendo peraltro maggiormente le regioni meridionali e centrali adriatiche.
Una tale dislocazione dei centri di anomalia barica (mappa seguente) ha generato lunghe fasi anticicloniche sulla nostra penisola con temperature via via più basse procedendo da nord verso sud.

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Anomalia barica in hPa su Europa inverno 2016-2017 (rispetto a clima 1971-2000). Fonte: NCEP/NCAR Reanalisys

Solo in febbraio un vasto canale depressionario di provenienza atlantica è riuscito a forzare a sud le insistenti alte pressioni, favorendo l’ingresso sul bacino del Mediterraneo di alcune onde depressionarie provenienti da ovest o sud-ovest all’origine di brevi periodi instabili ma in prevalenza miti data la provenienza oceanica o talora mediterranea delle correnti, alternati a pause anticicloniche più asciutte e stabili ma ugualmente miti.

Dopo un dicembre 2016 in gran parte anticiclonico e con precipitazioni scarse o molto scarse, salvo un breve episodio il giorno 20; la precipitazioni sono proseguite assai scarse e ben al di sotto della norma nel gennaio 2017; mentre il febbraio 2017, grazie ad un maggior intervento delle correnti umide atlantiche o mediterranee, ha mostrato una piovosità all’incirca entro la norma climatologica (1971-2000) o più spesso superiore, ma ben lontana dai piovosissimi mesi di febbraio 2015 e 2016.

A livello stagionale, mediando le anomalie pluviometriche in percentuale occorse nei tre mesi della stagione, emergono i seguenti dati: dicembre 2016 molto asciutto con anomalia pluviometrica di -66,4%; gennaio 2017 altrettanto secco con anomalia di -50,8%; febbraio 2017 con precipitazioni in ripresa ed anomalia mensile di +36,9%, anche se le anomalie positive maggiori si sono concentrate su ravennate e riminese (fino a +50/+60% su ravennate nord-occidentale).

Ne consegue una anomalia stagionale di precipitazione di -27,5% che definisce l’inverno 2016-2017 come poco piovoso. In tal senso si tratta del primo inverno scarsamente piovoso dopo le precedenti quattro stagioni nelle quali prevalsero nettamente anomalie pluviometriche positive anche di un certo rilievo (2012-2013; 2013-2014; 2014-2015; 2015-2016). In pratica le discrete piogge di febbraio 2017 non sono risultate sufficienti a controbilanciare le scarse precipitazioni di gennaio 2016 e dicembre 2015.

Chiaramente con il decorso poco piovoso dell’inverno appena concluso sono state praticamente assenti le nevicate in pianura e lungo la costa, a parte una comparsa, e con trascurabili al suolo, sui settori pianeggianti del comparto settentrionale ed occidentale e sulla costa ravennate in corrispondenza dei giorni 13 e 15 gennaio. Nevicate un poco più consistenti sono occorse altresì sulla fascia appenninica nei giorni 16-17 gennaio ma senza estendersi alle limitrofe pianure. La fase fredda più intensa di gennaio è stata infatti accompagnata da masse d’aria assai secca in un regime anticiclonico, e pertanto poco inclini a generare sistemi nuvolosi e precipitazioni, salvo brevi rovesci di neve sulla costa riminese ma non associati a depositi al suolo.

Ovviamente, in base a questi riscontri, su tutta l’area pianeggiante e costiera della Romagna l’inverno 2016-2017 ha mostrato una nevosità molto inferiore alla norma climatologica (1961-2010), e ciò riguarda il quarto inverno consecutivo; aspetto che trova pochi precedenti nelle serie storiche inerenti questo particolare parametro.

Archiviamo pertanto un inverno solo leggermente mite, e quindi non sui livelli dei tre precedenti, e poco piovoso/nevoso, governato, specie primi due mesi della stagione, da insistenti alte pressioni.
Proprio il deciso prevalere delle condizioni anticicloniche, associate a scarsa ventilazione ed a ostinate inversioni termiche, ha favorito il verificarsi di frequenti e persistenti nebbie su aree pianeggianti e costiere particolarmente in dicembre 2016, anche se non ai livelli del dicembre 2015 che in alcune aree della pianura lughese vide giornate con nebbia in numero di 29-30 giorni su 31, limitandosi ad una ventina di giornate, dato comunque di un certo rilievo.

P. Randi

Discussioni tra correnti

Oggi subtropical e polar jet confabulano, concertano e chiacchierano tra loro, ma senza scendere troppo in confidenze.
Del resto sono due soggetti profondamente diversi e caratterialmente poco compatibili.
Accade spesso però, specie nella stagione “fredda” quando il getto polare, soggetto estroverso, disinvolto, ma anche indisciplinato, smodato, ribelle, dalla personalità contrastata (del resto si ciba di gradienti termici e non di rado alza il gomito) osa talora sprofondare verso le basse latitudini andando ad importunare le proprietà di pertinenza di quello subtropicale, soggetto più riflessivo, razionale, coerente, diligente (del resto si nutre di momento angolare). Intromissione non gradita, ma per l’irrequieto vivere (entrambi sparano venti a 150 nodi e passa se vogliono, quindi quiete poca), un punto d’incontro dovrà pur essere trovato.
Borg contro McEnroe; Van Basten contro Maradona.
Si convive ma senza matrimonio, ci si sopporta insomma.
Purchè duri poco però.
Per un doc più serio sui dialoghi tra i due torna buono questo https://courseware.e-education.psu.edu/…/…/Section04p06.html;
anche se con riferimenti oltre oceano, ma la sostanza cambia poco.
Oppure chiedere a Krishnamurti che già dal lontano 1961 si lambiccò non poco le meningi per dirimere i contenziosi tra i due soggetti.

Pierluigi Randi – Meteoromagna.com

Si chiude l’Inverno Meteorologico 2016-2017

E con oggi si chiude l’inverno meteorologico 2016-2017, sul quale, in merito ai dati termo-pluviometrici rilevati al suolo in regione, si tornerà più avanti.
Uno spunto interessante, grazie ai dati “pronta cassa”, può venire dall’andamento delle temperature in libera atmosfera sul piano isobarico standard di 850 hPa (quota di circa 1500 m in realtà variabile in base alle dinamiche atmosferiche, ma standardizzando rimaniamo sui 1500 m e amen).
Analizzando (molto sommariamente) i dati dei radiosondaggi di S.P. Capofiume (BO) relativamente alle ore 00 GMT dal primo dicembre 2016 al 28 febbraio 2017 emerge un valore medio stagionale di 1°C tondo tondo (0.98°C per i precisini), di 0.6°C superiore alla media calcolata dal 1989-1990 (inizio della serie storica dei dati disponibili) al 2015-2016, che è di 0.4°C.
Pertanto, nonostante gli “sfo
rzi” di gennaio, l’inverno 2016-2017 termina, a quella quota, leggermente mite, anche se non ai livelli dei 3 che lo hanno preceduto, piazzandosi al decimo posto come più mite su una serie storica che conta 28 anni.
Il valore più basso della stagione è stato toccato il 7 gennaio con temperatura di -11.5°C; quello più elevato il 26 dicembre 2016 con dato di 11.0°C.
Osservando la stessa serie storica si nota come l’inverno più freddo sia stato quello del 2005-2006 (valore medio di -2.0°C; una stagione che pochi ricordano); seguito dal 1990-1991 (-1.4°C); mentre il più mite risulta quello dei 2015-2016 (3.0°C), cui seguono il 2006-2007 (2.7°C) e 2013-2014/1989-1990 ex-aequo (2.5°C)).

 Il trend termico al rialzo della stagione invernale è comunque alquanto evidente (tratteggio fucsia), anche se non ai livelli di quello estivo, collocato tra l’orrido ed il raccapricciante (vedere anche il grafico estivo allegato).
Nota a margine: mancano i dati dal 10 al 23 dicembre 2016; per colmare tale “buco” sono stati considerati i valori di reforecast del LAM Moloch 1.5 km CNR-ISAC, ma possiamo confidare su un errore sostanzialmente trascurabile.
E dopo la litania stagionale bu
ona primavera a tutti, con l’inverno 2016-2017 che ci saluta con un alito di libeccio (che nelle nostre lande romagnole si traduce in fohn appenninico; anzi, nel corso della giornata tenderà a ruggire, specie sui rilievi e fascia pedecollinare) e temperature già belle miti fin dal primo mattino.

Pierluigi Randi
Meteoemilia.com / Meteoromagna.com

 

Altro Venerdì, altro giro.

Altro venerdì ed altro giro.

Vediamo domani cosa produrrà il veloce ingresso e transito di una nuova saccatura nord-atlantica con annessa la classica ciclogenesi orografica e relative ondulazioni frontali nonchè la sua bella “lama” di IPV.

C’è anche una simpatica “pennellata” o “sbandierata” di libeccio (o garbino come lo chiamiamo in Romagna) avanti il fronte, che però è particolarmente apprezzabile solo al di sopra dell’inversione termica (nel caso in figura piano isobarico di 850 hPa); insomma il nostro caro garbino riesce a “galleggiare” sopra il “coperchio” inversionale, almeno fino a quando quest’ultimo non viene rimosso.

Per il resto una piovutina ci sta tra il pomeriggio-sera e la notte di domani (forse qualcosina già dal mattino), ma il passaggio sembra rapido e già risolto dalla tarda mattinata da sabato.

Ai beachvollari, happyouristi, chiappettardi e spacciatori di cocco ed anguria da rena che già implorano l’arrivo del solleone e della canicola scorticandomi l’anima, chiedo di portare pazienza o al limite di imbarcarsi verso Sebha, e cortesemente rimanervi.
Prima dell’estate, peraltro, c’è da affrontare la primavera.

Pierluigi Randi – meteoromagna.com
 

Trenini meteo di fine inverno?

La stagione invernale si avvia alla conclusione (la primavera meteorologica inizia il primo marzo) e come di consueto, con l’approssimarsi di quella nuova, le medie latitudini vedono aumentare il “traffico”.
Le masse d’aria sub-tropicali cominciano a migrare verso latitudini più settentrionali, ma nel contempo sono ancora ben attive quelle polari ed artiche.
Ed ecco che tra ocean
o Atlantico e continente europeo si danno appuntamento, a stretto giro, tre masse d’aria ben definite molto diverse tra loro: sub-tropicale (in questo caso marittima, mTW) convogliata dalla fascia delle alte pressioni appartenenti alla circolazione di Hadley; polare fredda (sempre marittima, mPK), che si alterna con quella subropicale attraverso le onde depressionarie delle medie latitudini o se vogliamo lungo il fronte polare (che poi sarebbe la circolazione di Ferrel di antica memoria); artica ancora più fredda (in questo caso marittima, mAK) convogliata dagli anticicloni che ancora risiedono nei pressi del circolo polare artico.
Tre masse d’aria che interagiscono originando due treni di onde depressionarie e rami frontali caldi, freddi ed occlusi in successione (uno tra mTW e mPK, un secondo tra mPK e mAK), i quali viaggiano su binari paralleli ed anche alquanto velocemente (la corrente a getto ad alta quota viene assai “stimolata” a dare gas in queste condizioni ove i gradienti termici picchiano duro).
Ed ecco che il quadretto dipinto dal Deutscher Wetterdienst e valido per domani, con i due trenini ben visibili, ha un nonsochè di fine stagione nonostante il notevole dinamismo.

Pierluigi Randi
meteoromagna.com